giovedì 25 agosto 2011

L'Intervento Di Arianna Ballotta Al Sacco And Vanzetti Memorial Day 2011

SACCO & VANZETTI MEMORIAL DAY
Torremaggiore (Foggia) 23 agosto 2011

Desidero innanzi tutto ringraziare l’associazione Sacco & Vanzetti
per avermi dato, per il secondo anno consecutivo, la possibilità di
partecipare a questo evento. Ringrazio altresì tutti coloro che
l’hanno patrocinato e materialmente reso possibile e, naturalmente,
tutti i presenti.

Mi sembra doveroso dedicare quest’anno questo evento alle vittime
dei due recentissimi attentati terroristici che hanno sconvolto la
Norvegia ed il mondo intero. Uno dei Paesi più evoluti al mondo, si
è trovato ad affrontare un dolore immenso, un dramma mai
affrontato prima. I nostri pensieri sono rivolti alle vittime ed ai loro
famigliari, a cui va il nostro profondo cordoglio, con la speranza
che, nonostante lo sgomento e la paura, civiltà e democrazia
prevarranno e che tali atti ignobili non modificheranno il tessuto
della società norvegese, esempio di apertura ed integrazione.
Al contempo, ricordare il martirio di Nicola Sacco e Bartolomeo
Vanzetti mi sembra ancor più importante e significativo in un
momento di particolare fermento politico e sociale in molti Paesi
arabi (ma non solo). Un momento in cui, finalmente, diversi popoli
hanno sentito e stanno sentendo forte l’esigenza di pace, salvezza,
uguaglianza, lotta in difesa delle libertà e dei diritti civili e sociali
elementari (cibo, acqua, diritto alla casa e all’istruzione, diritto al
lavoro). I diritti che ogni essere umano ha, incontestabilmente,
indipendentemente dal luogo in cui è nato, dal colore della sua
pelle, dal suo sesso, dalla sua religione, dalla sua appartenenza
politica, dal suo status economico. E il primo fra tutti i diritti
inviolabili di ogni essere umano è il diritto alla vita. Ecco perché
proprio la tragedia dei due italiani uccisi da un governo straniero,
colpevoli non di rapina e omicidio, ma unicamente di essere italiani
ed anarchici, si lega indissolubilmente alla lotta contro la pena
capitale nel mondo.

Pena di morte, ossia omicidio legalizzato: una punizione crudele,
disumana, degradante ed assolutamente inutile e superata nel
nostro secolo; una punizione irrevocabile spesso comminata a
seguito di processi iniqui, inflitta anche a persone innocenti, una
punizione che non ha alcun effetto deterrente ed usata in modo
assolutamente sproporzionato nei confronti di poveri, emarginati,
minoranze etniche e fin troppo spesso usata anche come strumento
di discriminazione e repressione nei confronti di persone non
gradite ed oppositori politici.

Che la pena capitale venga utilizzata solo nei confronti di incalliti
criminali e/o per crimini particolarmente efferati, come molti spesso
tendono a pensare, non è affatto vero. Vi sono Paesi in cui si può
essere condannati a morte per reati di natura economica, per reati
legati alla droga, per adulterio, per blasfemia, per apostasia, o
come detto poc’anzi anche per reati politici o d’opinione, e persino
per “attività religiosa”.

Ed è vero che in un Paese come gli USA, ad esempio, si puo’ essere
ancora condannati a morte pur essendo affetti da malattia mentale.
Pensate che nel 2002 la Corte Suprema degli USA ha dichiarato
incostituzionale la pena capitale nei confronti di persone affette da
ritardo mentale, ma l’ha lasciata comunque applicabile in tutti gli
altri casi di malattia mentale.

Così come è purtroppo vero che nonostante la Convenzione ONU
sui Diritti dell’Infanzia proibisca la pena di morte nei confronti di
persone con meno di 18 anni di età all’epoca del crimine, ancora
oggi vi sono Paesi che la applicano in simili casi. Nel 2010 e nei
primi sei mesi del 2011 in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti,
Mauritania, Egitto e Sudan sono state emesse (ma per fortuna non
ancora eseguite) condanne a morte nei confronti di minorenni. Ed
anche in Iran nello stesso periodo sono state comminate e
purtroppo eseguite diverse condanne a morte nei confronti di
minori all’epoca del reato.

Ma ecco perché noi siamo qui oggi, ecco perchè è particolarmente
importante, adesso, rilanciare questa battaglia, perché le
prospettive di abolizione sono oggi più favorevoli che mai, proprio
grazie a quanto sta accadendo in quei Paesi arabi dove ci si sta
avviando verso riforme democratiche ed umanitarie impensabili
solo fino a poco tempo fa.

Il Marocco, ad esempio, ha approvato una nuova Costituzione che
– per la prima volta nella storia del Paese - sancisce il diritto alla
vita come diritto fondamentale; la Tunisia ha annunciato la ratifica
dei più importanti trattati internazionali, dallo Statuto di Roma sulla
istituzione della Corte Penale Internazionale ai due protocolli
addizionali al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, tra cui
quello relativo all’abolizione della pena di morte; in Giordania ed
in Libano non si registrano esecuzioni capitali da alcuni anni; altri
Paesi, prima sempre contrari alla Risoluzione ONU sulla moratoria
della pena capitale, come Bahrein, Oman, Emirati Arabi e
Mauritania, non si sono opposti alla nuova Risoluzione approvata
al Palazzo di Vetro, e l’Algeria l’ha addirittura co-sponsorizzata!
In merito alla Risoluzione, vale la pena fare una precisazione. E’
vero, come spesso qualcuno fa notare, che la stessa non è
vincolante e che le Nazioni Unite non possono imporre a nessun
Paese membro di abolire la pena di morte (lo prevede il loro stesso
Statuto), ma il peso politico e quello morale del testo della
Risoluzione, che stabilisce che la pena capitale è una questione
riguardante i diritti della persona e non della giustizia interna di uno
Stato, sono innegabili.

E comunque – e questo ci dà speranza e ci spinge ad agire con
sempre maggior vigore - il sostegno globale verso l’abolizione della
pena di morte sta indiscutibilmente crescendo ed il trend positivo si
è confermato sia nel 2010 che nei primi sei mesi del 2011, come
messo in evidenza dal recentissimo Rapporto di Nessuno Tocchi
Caino.

Purtroppo però, c’è anche una nota dolente, ossia pur essendo
sceso il numero di Paesi mantenitori (attualmente ancora 42 contro
i 54 del 2005 ed i 70 del 2002), è aumentato il numero delle
esecuzioni nel mondo passando dalle almeno 5.837 del 2010 alle
almeno 5.735 del 2008 (in verità, il numero reale delle persone
giustiziate è probabilmente molto più alto, in quanto in alcuni Paesi
- come la Cina, il Vietnam e la Bielorussia, solo per citarne alcuni -
vige il segreto di Stato e non è certezza alcuna in merito ai dati
forniti su tale fenomeno). Il numero più alto di esecuzioni a cui
accennavo poc’anzi è dovuto principalmente al forte aumento di
esecuzioni in Corea del Nord (dove sono triplicate) ed in Iran (dove
viene applicata la Sharia).

Esaminando i dati per continente, pur senza entrare nei dettagli,
come negli anni scorsi è sempre l’Asia a riconfermarsi come il
continente dove si pratica la quasi totalità delle esecuzioni capitali,
di cui circa 5.000 nella sola Cina (comunque in calo rispetto agli
anni precedenti).

Le Americhe sarebbero un continente praticamente libero dalla
pena di morte, se non fosse per gli Stati Uniti, l’unico Paese del
continente – ed unica democrazia occidentale - che continua ad
utilizzare la pena capitale. Nel periodo preso in esame negli Stati
Uniti nessuno Stato “abolizionista” ha reintrodotto la pena di morte,
ma due Stati che non compivano esecuzioni da molto tempo ne
hanno compiuta una: lo Utah ha compiuto la prima dal 1999
(tramite fucilazione, che non veniva usata negli USA dal 1996) e
Stato di Washington ha effettuato la prima esecuzione dal 2001.
In totale gli USA hanno compiuto 46 esecuzioni in 12 Stati nel
2010 e 25 in 9 Stati nei primi mesi del 2011, ed i condannati in
attesa di esecuzione attualmente sono oltre 3.200. Attualmente
sono 16, su 50, gli Stati americani senza pena di morte e reggono
ancora le moratorie che si sono determinate de facto in 10
giurisdizioni in cui vige la pena di morte ma dove non vengono
compiute esecuzioni da almeno 10 anni.

In Africa, nel 2010 la pena di morte è stata eseguita in soli 6 Paesi.
In Europa, la Bielorussia, dove le esecuzioni sono state almeno 4
nel periodo preso in esame, continua a costituire l’unica eccezione
in un continente altrimenti totalmente libero dalla pena di morte.
Passi significativi nella direzione indicata dalle Nazioni Unite sono
anche la riduzione dei reati capitali approvata in Cina ed in Vietnam
e le migliaia di commutazioni di sentenze di morte decise in
Pakistan, in Kenia, in Etiopia e in Birmania, che pur non preludendo
all’immediata abolizione della pena capitale o a radicali
cambiamenti politici e democratici, rappresentano di certo un
considerevole numero di vite umane salvate.

E’ anche significativo notare che le abolizioni della pena di morte
degli ultimi anni sono avvenute in Africa ed in particolare in Paesi
come il Ruanda e il Burundi, luoghi simbolo di un continente
travagliato che ha visto di recente tragedie inenarrabili come
genocidi, esecuzioni sommarie, mutilazioni e stupri di massa.
Eppure, nonostante tali tragedie, in questi Paesi si è stati in grado
di scegliere la giustizia anziché la vendetta, istituendo tribunali ad
hoc o a giurisdizione universale che escludono il ricorso alla pena di
morte. Come avvenuto in Sud Africa al termine dell’apartheid.
Ed è così che deve essere in un Paese che voglia considerarsi civile.
Noi della Coalizione Italiana contro la Pena di Morte Onlus
(www.coalit.it) - ormai conosciuta come COALIT, il suo acronimo -
riteniamo che la giustizia non debba mai essere perseguita con
spirito di vendetta, bensì con un’equilibrata gestione delle forze che
operano all’interno della società e che ogni comunità debba essere
in grado di assicurare processi equi, certezza della pena,
opportunità di riabilitazione, bilanciando così l’esigenza dei
famigliari delle vittime ed il rispetto di quegli stessi valori che
reclamano un atto di giustizia.

Per chi non ci conoscesse, ecco qualche veloce informazione (chi
volesse approfondire, può contattarci in seguito via e-mail): COALIT
è un’associazione senza scopo di lucro, apolitica e apartitica,
formata unicamente da volontari, il cui scopo principale è quello di
formare ed informare i cittadini italiani e stranieri sui temi della
legalità, di raccogliere e divulgare notizie sull’abuso dei diritti umani
nel mondo e soprattutto di promuovere azioni di protesta e
campagne di informazione sulla pena di morte, che nella stragrande
maggioranza dei Paesi che ancora la applicano, rappresenta
soltanto il tragico epilogo di una serie di gravissimi abusi e
violazioni di tali diritti.

Intratteniamo regolari contatti e rapporti di collaborazione con altre
associazioni abolizioniste in Italia ed all’estero, associazioni dei
famigliari delle vittime, associazioni di legali volontari, nonché
rapporti diretti con le donne e gli uomini detenuti nei bracci della
morte, che – laddove possibile - visitiamo personalmente con
regolarità. E vi assicuro che stabilire un contatto diretto, che spesso
si trasforma in vera amicizia, con persone dimenticate dal mondo
ed etichettate come mostri è un’esperienza umana indescrivibile ed
estremamente arricchente, anche se quando arriva il momento
dell’esecuzione, il dolore è forte ed ogni volta si rinnova.
Per noi la lotta in difesa della vita e della dignità di ogni essere
umano è una sorta di missione. Al di là delle questioni etiche e
morali che, a nostro modo di vedere, rendono la pena di morte
sempre e comunque inaccettabile, la giustizia umana è fallace,
come possiamo dimenticarlo? E non si può giocare con la vita di
altri esseri umani. Questo vale quando si parla di pena di morte, ma
vale anche da noi dove la massima pena applicabile è l’ergastolo,
che equivale comunque a togliere la vita, anche se non
biologicamente, ad un essere umano. Il “fine pena mai” è in
contrasto con la fine rieducativa cui le pene dovrebbero tendere
secondo la nostra stessa Costituzione. Questo vorrei sottolinearlo,
prima di giungere alla conclusione, perché “pena di morte” non è
solo lapidare, fucilare, sottoporre ad iniezione letale, “pena di
morte” è anche togliere ad un detenuto la possibilità – laddove
possibile – di tornare, un giorno, a far parte della società, di ridargli
dignità e la possibilità di piena riabilitazione senza rischio di essere
eliminato definitivamente dal consorzio umano.

Se pensiamo alla situazione delle carceri in Italia, immaginiamoci
una realtà di vera tortura, inconcepibile per un Paese moderno. I
nostri detenuti vivono in condizioni igieniche spesso intollerabili, in
celle superaffollate, con poche o nessuna possibilità di accedere a
programmi riabilitativi e occupazionali, dove il diritto alla salute è
spesso negato. Non possiamo togliere loro anche la speranza.
Tutto questo deve cambiare ed il cambiamento inizia da ognuno di
noi, dal modo in cui scegliamo di comportarci, dall’educazione che
impartiamo ai nostri figli, dai gesti all’apparenza insignificanti di
ogni giorno. Eliminiamo innanzi tutto l’indifferenza, ricominciamo ad
indignarci e a sentirci parte della famiglia umana. Tutta. Non
dimentichiamo la storia, ciò che è stato, i nostri errori ed anzi
traiamone vantaggio ed insegnamento, ed attiviamoci affinché il
futuro sia diverso, affinché parole come democrazia, civiltà, diritti,
rispetto per l’altro ritrovino finalmente il senso che stanno perdendo
o hanno già perduto.

Arianna Ballotta

Presidente
Coalizione Italiana contro la Pena di Morte Onlus
arianna@linknet.it
www.coalit.it
 
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