giovedì 19 novembre 2009

Discorso Di Fernanda Sacco All'Istituto Di Ragioneria "Angelo Fraccacreta" Di San Severo 18 Novembre 2009

In questo mio libretto “I miei ricordi di una tragedia familiare” ho voluto parlare di mio zio, Nicola Ferdinando Sacco, del caso “Sacco e Vanzetti” per far conoscere ai giovani la grande ingiustizia commessa nei loro confronti.

Non mancano nel libro le implicazioni sociali, con riferimenti ai problemi della giustizia, dell’emigrazione.

Il popolo italiano ha vissuto il dramma dell’emigrazione, dalla fine dell’800. Gli italiani emigrarono nelle americhe, in Australia, in Argentina, e dopo la 2a Guerra Mondiale, in altri paesi dell’Europa centrale: Francia, Svizzera, Belgio, Germania…

Insomma siamo un popolo di emigranti.

L’emigrazione italiana in America ha rappresentato a lungo un sogno di libertà e di benessere, ma allo stesso tempo un incubo di repressione e di povertà. Gli operai italiani erano considerati i più sudici ed ignoranti, che si accontentavano delle paghe più basse. Ma erano capaci di organizzare degli scioperi per il riconoscimento dei loro diritti. Le differenze culturali e di razza sono state interpretate come una delle principali cause di frammentazioni esistenti fra i lavoratori: veniva cacciato chi si ribellava, era già pronto chi lo sostituiva.

In questo contesto si trovarono Sacco e Vanzetti. Arrivarono in America come tanti altri, in cerca di lavoro, ma scoprirono che molti per sopravvivere alle fatiche più dure, erano costretti a lavorare per paghe da fame.

Cominciarono a lottare per il riconoscimento dei diritti degli operai e contro le ingiustizie. Ma l’America, quella grande potenza tanto insicura politicamente, assediata dalle grandi azioni sindacali dei lavoratori e degli emigranti, dai conflitti di classe, dalle disparità sociali, trovò nei due umili italiani, una forza politica punitiva, per difendere i propri interessi.
Sacco e Vanzetti vennero travolti da questa grande macchina capitalistica, che gli accusò di un delitto non commesso, e dopo 7 anni di duro calvario giudiziario, li condannò alla sedia elettrica.
Fu una condanna politica.

E dopo 50 anni dalla loro morte, il governatore “Dukakis” dichiarò al mondo la loro innocenza.
Uniti dalla passione e dalla lotta, in difesa degli ideali di libertà e di giustizia sociale, questi due martiri restano ad esempio per chi di questi ideali ne fa una bandiera.

La loro dolorosa vicenda, ancora oggi, ci aiuta a riflettere sulla ingiusta pena di morte, sui mancati diritti degli immigrati, sul razzismo. Sono dei concetti che costituiscono un forte richiamo morale per le nostre coscienze.

Oggi l’Italia si ritrova ad essere una nazione in pieno sviluppo economico. Vede arrivare sul proprio territorio masse di emigranti (da tutto il mondo) da varie parti del mondo, sfuggiti alla miseria e alle guerre civili.

La storia si ripete.

Come i nostri italiani, questi nuovi immigrati, devono affrontare le stesse forme di razzismo.
Allora, con la nostra amara esperienza, com’è possibile non accogliere questa povera gente?
Com’è possibile scacciare esseri umani che mettono a repentaglio la propria vita, per cercare lontano dalla propria famiglia mezzi di sostentamento?

Eppure noi siamo un paese di cattolici credenti e non sappiamo considerare quei fratelli che nel mondo ogni giorno muoiono di fame, cerchiamo allora di essere più umani, cerchiamo di soccorrerli nei loro bisogni e certamente il signore ce ne darà merito.

Fernanda Sacco
 
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